Orzowei di Alberto Manzi
Isa,
il bambino bianco trovato nella foresta, viene allevato dai Bantù.
"Dai, prendetelo!... prendetelo!..."
Nella foga della corsa una pentola fu rovesciata e Amebais, la vecchia ubriacona, uscì dalla capanna urlando imprecazioni contro quei demoni che buttavano tutto all'aria.
"Non c'è più tranquillità, no! Ma se vi prendo vi farò frustare tutti!" urlò rivolta al gruppo dei ragazzi che correvano verso la foresta.
Ma questi non le badavano.
Un po' perché Amebais era sempre stata una pazza brontolona; ma, maggiormente, perché la loro caccia era interessante.
La selvaggina era rappresentata da Isa, il ragazzo che Amûnai aveva portato dalla foresta.
Amûnai, il Ring-kop (che significa: il grande guerriero), l'aveva trovato nove, dieci anni prima, avvolto in una fascia rossa in una cesta appesa ad un grosso ramo. La cesta era stata legata in maniera che né serpenti, né belve potevano raggiungerla.
L'aveva preso con sé, e portato al villaggio.
La vecchia Amebais aveva dovuto fargli da madre, ma adempì al suo compito fin quando il ragazzo non fu in grado di trovarsi qualcosa da mangiare tra i rifiuti del villaggio. La sua avarizia non le permetteva di più.
E fino a che Amûnai fu il capo, Isa - questo era il nome che gli avevano dato - Isa, dunque, ebbe di che sfamarsi e fu trattato con rispetto.
Ma allorché il Ring-kop perse il comando, Isa dovette arrangiarsi per vivere.
Era trattato così per un solo motivo: perché era un bianco; se bianca poteva dirsi quella pelle bruciata dal sole e dal vento.
Isa era ora nel suo undicesimo anno di vita; età in cui i nostri ragazzi son capaci soltanto di portare la cartella a scuola e d'imparare qualche lezione a memoria.
Ma per Isa la vita era stata dura; e se non sapeva leggere, né scrivere, sapeva però tante altre cose che gli permettevano di vivere, sia pure stentatamente, tra il disprezzo del villaggio e la "grande padrona": la foresta.
Oltre tutto Isa era schernito e assalito dagli altri ragazzi. E doveva difendersi dalle loro crudeltà, prendendone spesso a sangue, fino a che non sopraggiungeva a liberarlo qualche uomo del villaggio. Solo allora la masnada lo lasciava pesto e sanguinante sul terreno.
Oppure fuggiva, se poteva.
E mentre gli altri lo cercavano, egli se ne stava immobile acquattato in un cespuglio, respirando appena.
Per questo Isa era un ribelle.
Solo la frusta gli incuteva timore. Ma ormai si era assuefatto anche a quella.
"Dai, dai, prendetelo!... prendetelo!..."
I ragazzi lo stavano inseguendo.
Quale gioco più bello per dei futuri cacciatori che inseguire una preda viva?
Isa correva velocemente su lo scosceso terreno.
Aveva un buon distacco. Le lunghe cacce lo
avevano reso veloce, pronto. Se avesse voluto, avrebbe distaccato di molto gli inseguitori per poi rifugiarsi tranquillamente su qualche albero e lì giocare a tirar frutta e rami secchi alle scimmie.
Ma non voleva.
Anzi, rallentò.
Avanti a tutti veniva Mései, il nipote dello stregone. Mései che da anni lo tormentava; Mései che lo derideva sempre. Specialmente da quando non era considerato più Um-fan, un ragazzo portatore, ma un aspirante guerriero.
Fra poco egli avrebbe fatto la sua "prova" e se fosse riuscito avrebbe avuto la sua lancia e il suo tucul.
Isa, invece, era stato scacciato persino dagli Um-fan.
Non poteva seguire il villaggio alla guerra o alla caccia neppure come portatore.
Egli era un "orzowei", uno sciacallo d'uomo, un niente.
Era bianco.
Rallentò. Gli altri gridarono, certi della buona riuscita della caccia. Ma lui sorrise; voleva stancarli, farli cadere uno per volta con la lingua ciondoloni.
Mései era ormai a pochi passi.
"Sei preso!" gridò. "Sei preso! Ti metteremo al palo, oggi!"
Urlavano tutti di gioia.
Improvvisamente Isa sentì il terreno cedergli sotto i piedi; barcollò, cadde. Mései con due salti gli fu sopra e gli puntellò le spalle con le magre ginocchia.
"Sei preso" ansimò. "Muoviti ora!"
Isa si divincolava, ma l'avversario era robusto. Mangiava tutti i giorni, lui.
Gli altri li avevano raggiunti, ma ad un cenno di Mései si fermarono in circolo.
"Oggi è la mia preda. Mi voglio divertire io. Alzati, 'orzowei'!"
Lentamente Isa si alzò.
Con mossa fulminea Mései gli piombò addosso facendolo rotolare nuovamente in terra.
Un coro di risate salutò il ruzzolone.
"Alzati, su!" gridò ridendo Mései.
Isa doveva aver battuto contro qualche sasso.
Sentiva un forte dolore alla schiena.
Si tirò su pian piano, ma l'avversario fu lesto a colpirlo con un pugno. Barcollò; ma pur venendo colpito nuovamente, riuscì ad afferrarlo. Si avvinghiarono rotolando sul terreno.
E come uno riusciva a metter l'altro con le spalle a terra, colpiva, coi pugni stretti, sugli occhi, sul naso, ovunque.
Quando Isa riuscì a rimanere a lungo su Mései, qualcuno, raccolta della sabbia, gliela gettò negli occhi.
Abbandonò la presa e Mései ne approfittò.
Con un sasso lo colpì ripetutamente, finché non lo vide esanime, mentre un rivolo di sangue usciva dalle ferite.
Allora tutti fuggirono.
Solo a notte tarda Isa rientrò nel villaggio.
La luna era già alta nel cielo ed illuminava le capanne conferendo loro un aspetto fiabesco.
Il ragazzo si trascinò fin verso il tucul del vecchio Amûnai.
"Sono io" mormorò.
"Entra. Cosa ti è accaduto?"
"Il pugno di Mései mi ha colpito" rispose. "Nel pugno stringeva una pietra. Ora la testa mi fa molto male."
"Fai vedere."
Il vecchio s'alzò dal giaciglio e ravvivò il fuoco. Poi osservò la ferita.
"Un bel colpo. Potevi morire. Chi ti ha aiutato?"
"Nessuno. Non ho compreso nulla fin che il freddo non m'ha svegliato. E son venuto da te."
"Hai perso molto sangue."
Gli fasciò la ferita dopo avergliela medicata con un decotto di erbe.
"Domani sarai a posto, se gli spiriti del male non ti verranno a trovare. Dormi, ora."
Forse l'uomo per natura è buono - si perde durante il percorso della propria vita, lasciandosi trascinare da chi si fa guidare dalle apparenze...può sembrare la via più semplice ma... se Orzowei fossi tu ?
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